MUSEO della
città di bettona  

la roccaforte etrusca alla sinistra del Tevere 

una ricca collezione
di terrecotte architettoniche

la sezione archeologica nel sotterraneo di Palazzo Biancalana

Prima di entrare

La sezione archeologica del museo della città di Bettona si trova nei sotterranei di Palazzo Biancalana e ospita una delle più grandi collezioni di terrecotte architettoniche in Umbria, risalenti al terzo e al secondo secolo a.C. 

Queste duecento terrecotte ritrovate nel 1884 poco fuori Bettona sono chiamate architettoniche perché decoravano e proteggevano dalla pioggia un tempio in legno. Grazie a dei confronti possiamo stabilire che si tratta probabilmente di un tempio restaurato dopo la Guerra Sociale, combattuta da Roma contro i popoli italici tra il 91 e l’88 a.C. 

Nella seconda sala del Museo potrai vedere alcune di queste terrecotte tra cui quella con la rappresentazione della vittoria mentre guida un carro. 

La forma particolare di alcune di queste terrecotte non deve stupirti. Rientranze, dentelli, gole sono fatti disposti secondo una successione specifica che aveva una funzione pratica semplice: allontanare il più possibile la goccia di pioggia dal tempio in legno, facendola scorrere lungo tutte le terrecotte. I templi più antichi non avevano solo le travi in legno, ma anche le colonne. Per questo motivo era necessario il più possibile preservarli dall’acqua. 

La prima sala della sezione archeologica mostra come Bettona ha goduto per secoli di una posizione geografica e politica unica nel suo genere.

Fino circa agli anni ’70 del Novecento si pensava che nell’attuale Umbria il territorio etrusco non superasse il fiume Tevere. Invece negli ultimi decenni sono stati reinterpretati e ritrovati una serie di reperti e tracce archeologiche etrusche in città alla sinistra del Tevere come Civitella d’Arna.

Ecco, pur trovandosi nella sponda sinistra del Tevere dove anticamente abitavano gli Umbri, sono tanti i reperti archeologici che dimostrano il collegamento di Bettona con le città degli Etruschi, in particolare Perugia. 

Non a caso il nome originario della città era Vettona, che deriva probabilmente dall’etrusco Vetuna/Vetuni. 

La sua posizione così elevata da cui si domina la zona nordoccidentale della Valle Umbria fa pensare che Bettona fosse l’avamposto della Perugia etrusca per controllare il Tevere. Non solo dal punto di vista militare, ma anche come snodo commerciale. 

Ma come facciamo a essere sicuri di queste tracce che la collegano al mondo etrusco? 

Per una serie di ragioni. 

Primo, ci sono alcune parti della cinta muraria di Bettona che risalgono al periodo che va dal quarto al terzo secolo a.C che somigliano a mure analoghe presenti in altre città di origine etrusca come Perugia, Cortona e Arezzo.

Secondo, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento sono state trovate numerose sepolture etrusche simili a quelle diffuse intorno a Perugia e nella zona dell’agro chiusino. 

 Come la Tomba del Colle, scoperta nel 1913 nella strada che va verso Bettona. Si tratta di una tomba a camera con soffitto a botte, risalente a un momento dell’età ellenistica, che va dal terzo al secondo secolo a. C. 

 Questo periodo si chiama “ellenistico” perché i costruttori e gli artigiani etruschi usavano come ispirazione i manufatti, le costruzioni e anche le tombe principesche del Mediterraneo orientale. Nel caso della Tomba del Colle, il prototipo è stato individuato nella tomba di Filippo II il Macedone, padre di Alessandro Magno, trovata a Verghina, città greca vicino a Salonicco. 

 Nella Tomba del Colle sono stati trovati vasi e urne che contenevano le ceneri dei defunti e il corredo funerario fatto di gioielli, anelli orecchini e un bracciale in vetro. 

 È stata trovata anche una iscrizione in piombo, probabilmente in origine inserita tra il coperchio e la cassa dell’urna in travertino, simile a quelle utilizzate in sepolture etrusche a Perugia. Un altro collegamento col mondo etrusco. 

 La Tomba del Colle ci dà la misura della qualità e prosperità di alcune famiglie che abitavano il territorio di Bettona, perché solo in pochi potevano permettersi di avere una lastra di piombo con una iscrizione sulla loro tomba. E anche che probabilmente esistevano officine locali che producevano le tombe in serie aggiungendo solo la lastra personalizzata con il morto del defunto. 

 Probabilmente la scelta di questo tipo di strtuttura per la tomba era dovuta a una maggiore tendenza alla sobrietà in ambito funerario da parte degli Etruschi del terzo,secondo secolo a.C che si stavano sempre più romanizzando nei costumi. Non a caso nel secondo secolo a.C. venne approvato il “Senatus consultum ultimum de Bacchanalibus”, un decreto con cui il Senato di Roma vietava in tutta Italia i baccanali, una festività particolarmente esuberante in onore di Bacco. 

 I reperti della Tomba del Colle ci dicono tante cose, purtroppo non molte di più perché gli scavi del 1913 sono stati fatti in un periodo in cui non veniva usato il metodo stratigrafico. Cioè non si dava attenzione a ogni singola stratificazione di terreno facendo un’analisi molto accurata delle caratteristiche pedologiche della terra, recuperando ogni singolo reperto o frammento e documentandolo in nel modo più accurato possibile. Oggi questo metodo è lo standard di base degli archeologi, ma all’epoca a scavare erano degli appassionati o dei mercanti d’arte. 

 Per fortuna abbiamo un disegno di alcuni reperti della Tomba e la loro esatta ubicazione grazie a una acquerello allegato a una lettera dello storico locale Pio Biancalana.

 La prima sala della sezione archeologica del Museo di Bettona ospita due oggetti forse non belli dal punto di vista estetico ma la cui importanza è indiscutibile. Sono due cippi in arenaria, ovvero delle colonnette non ben levigate, che conservano inciso sulla superficie un testo in etrusco. 

 Due parole: Tular Larna in un caso. Tular Larns nell’altro

 In etrusco Tular significa “confine”, mentre Larna Larns si riferiscono al cognome di una famiglia, i Larna, la cui presenza è attestata nei territori di Perugia e Chiusi. 

 Questi cippi sono la prova che in un certo periodo nel territorio di Bettona si parlava etrusco. E siccome sono stati trovati in una Necropoli, possiamo affermare che delimitavano l’area sepolcrale della famiglia Larna. In parole povere, il confine della tomba di famiglia. 

 Nell’Etruria centro-nord occidentale, cioè nella zona tra Perugia e Arezzo sono stati trovati 15-20 cippi del genere con scritta graffita e di solito delimitavano il confine delle aree pubbliche delle città o in alcuni casi, come a Cortona, erano il confine del territorio etrusco. 

 Ma in quei casi la scritta rinvenuta è Tular Rasnal, confine dei Rasna, il nome che si davano gli Etruschi.

 Nelle prime due sale della sezione archeologica troverai anche altri cippi funerari che sono stati ritrovati alla fine dell’Ottocento in una necropoli etrusca tra l’ansa del fiume Chiascio, un affluente del Tevere, e la strada che porta da Bettona a passaggio di Bettona, anticamente chiamata Strada del Molinaccio

 Alcuni di questi cippi hanno estremità decorate come foglie, in altri invece vedrai raffigurati dei volti incastonati. A differenza dei due cippi con le iscrizioni etrusche di cui abbiamo parlato, in questo caso si tratta di colonnine che servivano a individuare le singole tombe della Necropoli etrusca. 

 Una parola in più sui volti nei cippi funerari. Non sono il ritratto dei defunti, ma hanno una funzione decorativa, allegorica o spesso rappresentano delle divinità.

 A noi contemporanei può sembrare strano, ma all’epoca degli Etruschi era molto importante delimitare la zona dove si trovavano le tombe. Le sepolture avevano anche la funzione di mostrare la ricchezza e potenza d una famiglia che si poteva permettere non solo una tomba più ricca delle altre, ma anche di abbellire i cippi. Era una rappresentazione funzionale anche al prestigio dei vivi.

 Se ci pensate anche la posizione di una sepoltura era importante per gli Etruschi. Il fatto che la Tomba del Colle è al lato della strada che portava a Bettona ci dice molto del rango di quella famiglia. Non tutti si potevano permettere come oggi di avere un loculo. Al tempo la sepoltura con nome e cognome era un privilegio per pochi.

 Invece nell’ultima sala della sezione archeologica si trova uno dei pezzi più pregiati del Museo: la testa in marmo di Venere, il nome romano di Afrodite, la dea greca della bellezza. 

 Questa testa che probabilmente faceva parte di una statua in marmo risalente al secondo secolo d.C., non proviene dal centro di Bettona, sopra il Colle, e non viene nemmeno dalle necropoli di qui abbiamo parlato finora, ma è stata ritrovata in una zona sulla strada tra Bettona e Bevagna, l’antica Mevania, nella seconda metà dell’Ottocento. 

 Lo sappiamo perché ne parla l’archeologo Gian Francesco Gamurrini in una lettera del 1884. Sono passati due decenni dall’Unità d’Italia e lo Stato fa un censimento approfondito di tutti i beni culturali in giro nelle varie regioni. E Gammurrini cita la statua nel suo resoconto per lo Stato spiegando che è stata trovata in mezzo a muri di una struttura privata, probabilmente una villa rustica romana, o forse delle terme di una villa rustica romana. 

 La statua era una delle tante copie della famosa scultura in bronzo di Afrodite realizzata da Prassitele intorno al 360 a.C per gli abitanti di Cnido, città greca dell’Asia Minore. Spesso i ricchi Romani commissionavano delle repliche in marmo di statue di bronzo, soprattutto quelle famose per averne una copia nella propria villa. E la copia di Bettona è di altissima qualità. Talmente alta da farci pensare fosse stata realizzata da una officina di Roma, ma non abbiamo prove a sostegno di questa tesi. 

 Possiamo però dire che si tratta di una testa di Afrodite cnidia, di cui sono state trovate tante altre repliche in giro per il mondo, tra cui quelle del Museo Louvre di Parigi. 

 Guardando da vicino noterai una capigliatura riccia, ondulata, tenuta insieme da una fascia. Quando la vide per la prima volta Gamurrini, pensò fosse decorata da una corona di fiori. Ma i fiori non ci sono. L’equivoco nasce perché si era rovinata una parte della testa, sostituita con un altro pezzo di marmo, ancorato con un perno. Questa parte danneggiata in antico sembra un fiore, ma non lo è.

 Oltre alla testa, nella villa sulla strada tra Bettona e Bevagna, è stata ritrovata una iscrizione con tre lettere: A-U-G. Forse il riferimento è a un imperatore, visto che questo era il loro appellativo. Oppure potrebbe riferirsi a un augustale, un sacerdote di antico rango nella Roma imperiale, che si occupava del culto dell’imperatore Augusto, e in seguito al culto degli altri imperatori divinizzati. Purtroppo non possiamo dirlo con certezza.

 Nella stessa sala troverai anche il ritratto in marmo dell’imperatore Domiziano, il figlio più giovane di Vespasiano. Se guardi con attenzione, il volto è di un uomo giovane, per questo secondo gli archeologi potrebbe essere stato commissionato poco dopo il 69 d.C quando Vespasiano batté Vitellio, vincendo la guerra civile romana e diventando imperatore. 

Lo sapevi che

La testa in marmo di Venere è stata rubata nel 1987 e per quattordici anni se ne sono perse le tracce fin quando è ritrovata misteriosamente a New York nel 2001, mentre si trovava esposta in vendita in una galleria della Fifth Avenue al prezzo di 75.000 dollari. Grazie all’intervento dei Carabinieri la testa è stata riportata al Museo di Bettona. 

La sezione archeologica che si trova nel sotterraneo di Palazzo Biancalana è collegata con un tunnel al Palazzo del Podestà dove si trova la Pinacoteca che ospita dipinti di straordinario valore, tra cui la Madonna della Misericordia del Perugino

Tra la prima e la seconda sala del museo fai una piccola deviazione a destra. Dopo un breve corridoio troverai una cisterna medievale che risale al periodo 1489-1492. Secondo lo storico locale Giuseppe Bianconi questo pozzo fu costruito per ordine del Papa Alessandro VI (Rodrigo Borgia) e venne chiuso nel 1857 per mancanza d’acqua. La cisterna è stata riscoperta dagli operatori del Comune mentre stavano facendo dei lavori di ripavimentazione nel 2007

Superando la seconda sala c’è un altro corridoio dove si trova la lunga replica orizzontale della Tabula Peutingeriana, una copia del XII-XIII secolo di un’antica carta romana che mostra le vie stradali dell’Impero romano. Un cerchio rosso ti mostrerà dov’è Bettona, ma non sarà facile all’inizio capire dov’è l’Italia. Prova a inclinare la testa.

Terrecotte archittoniche, Bettona

Il tour della sezione archeologica

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