La scoperta del satiro rubicondo
Elio Clero Bertoldi
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  • Il Museo Archeologico Nazionale di Perugia ospita il Satiro Rubicondo, trovato durante gli scavi archeologici sottostanti alla Cattedrale di San Lorenzo
  • Si tratta di una antefissa: un elemento decorativo posto sopra l’ingresso dei templi greci, etrusco-italici e romani
  • Nell’area dove si trova oggi la Cattedrale di San Lorenzo a Perugia, un tempo sorgeva una antica area sacra degli Etruschi

Il ritrovamento del satiro

È rimasto nascosto (e protetto) per secoli da sette-otto metri di terra. E quando gli archeologi lo hanno trovato, tirato fuori e ripulito dalle incrostazioni fangose, nell’ammirarlo sono rimasti basiti: gli scavi avevano restituito una antefissa policroma che rappresenta un satiro dalla barba nera, crespa e dagli occhi incredibilmente turchini.

Il satiro rubicondo – così lo hanno chiamato gli scopritori – è stato subito trasferito al Museo Archeologico Nazionale di Perugia.

I colori dell’interessante e affascinante reperto sono veramente vivaci e l’antefissa, anche se non è il solo pezzo recuperato, è di sicuro uno dei richiami più interessanti venuti alla luce dagli scavi sotto la cattedrale di San Lorenzo in un’area in cui sorgeva una antica area sacra degli Etruschi.

Un vero e proprio museo sotterraneo che ha restituito reperti etruschi, romani, medioevali di grande valore storico-culturale.

Satiro rubicondo

Forse il satiro rubicondo, come altri reperti, è finito sotto terra, nel 40 avanti Cristo dopo l’assedio e la resa (per fame) dei perugini, la cui colpa fu quella di aprire le porte al console romano Lucio Antonio e a Fulvia, sua cognata (moglie di Marco Antonio, in quegli anni in Egitto con Cleopatra).

Quella “ospitalità” non era stata gradita da Ottaviano che, fermato prima dal valore di Etruschi e Romani (quelli con il mandato del Senato) e dalle possenti mura della città, aveva perdonato Lucio, Fulvia e i romani, ma non i perugini. Tant’è che per onorare lo zio Giulio Cesare, tre anni dopo la morte del grande imperatore, proprio il giorno delle Idi di marzo, fece immolare circa quattrocento abitanti della città umbra. Un vero genocidio.

Il tutto prima di dar fuoco alla città e di portare via dall’area sacra di Perugia anche una statua di Era-Giunone.

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