I monumenti di Ocriculum
Luana Cenciaioli
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  • I primi scavi regolari furono condotti durante il pontificato di Pio VI, nella seconda metà del Settecento
  • Le opere d’arte rinvenute a Otricoli sono state trasportate ai Musei Vaticani, come il mosaico policromo, conservato nella Sala Rotonda. Altri materiali si possono ammirare al Louvre di Parigi o all’Ermitage di San Pietroburgo
  • Negli ultimi anni è stato scoperto un monumento funerario. L’epigrafe è riferita a un certo L. Cominius Tuscus figlio di Caio della tribù Arnense

L’antica Ocriculum

Di Ocriculum, la città romana, posta tra il colle e il Tevere sono attualmente ancora visibili i principali monumenti: l’anfiteatro, il teatro, le grandi e le piccole sostruzioni, l’area del foro e di altri edifici pubblici come la basilica, le terme, il ninfeo. Il nucleo prevalente in cui si concentrano i resti monumentali è nei pressi del corso del rio S. Vittore, un affluente del Tevere, che scende dall’abitato di Otricoli. Anticamente aveva un percorso diverso da quello attuale: il torrente, imbrigliato e incanalato in un condotto sotterraneo per circa trecento metri, nella zona delle Terme e delle grandi sostruzioni, usciva a valle del teatro per poi sboccare nel Tevere, sotto la chiesa di S. Vittore.

La città non è recintata da mura ed è attraversata dall’antica via Flaminia, fiancheggiata prima del suo ingresso nell’area urbana da numerosi monumenti funerari: i primi ruderi visibili nella campagna per chi proviene da Roma. Per un lungo tratto rettilineo fiancheggiano la strada consolare insieme ad alti alberi, permettendo così di ricostruirne il tracciato stradale. 

Delle tombe rimangono i nuclei, per lo più in opera cementizia, di varie tipologie: a torre, a nicchia, a dado, a tamburo, con rivestimenti in blocchi di travertino e marmo reimpiegati nell’attuale borgo attuale o conservati in musei e collezioni private. In massima parte sono risalenti alla tarda età repubblicana e alla prima età imperiale, sono ubicati lungo la via a varie distanze, o raggruppati, allineati alla strada e disposti su entrambi i lati. Di questi, quattordici sono ben riconoscibili, per dimensioni e rilevanza.

Gli scavi tra Settecento e Novecento

I ruderi di Otricoli, visibili per chi transita sulla via Flaminia, sono ricordati in più testi dal Cinquecento al Settecento che parlano di antichità umbre e sabine. I primi scavi regolari furono condotti durante il pontificato di Pio VI, nella seconda metà del Settecento, diretti dall’architetto Giuseppe Pannini, che eseguì anche la pianta della città, e di alcuni monumenti. Vennero esplorati molti edifici monumentali come la Basilica e le Terme. I risultati delle indagini archeologiche, compiute dal 1775 al 1783, furono pubblicate ad opera di G.C.Guattani. 

Le opere d’arte rinvenute ad Otricoli furono trasportate ai Musei Vaticani, dove ancora oggi arricchiscono le collezioni papali.

Altri materiali si possono ammirare in musei italiani e stranieri (Parigi, Louvre; S. Pietroburgo, Ermitage). Importanti nuclei di reperti si trovano tuttora a Otricoli, in parte riutilizzati nell’attuale borgo, in parte nelle collezioni comunali e private.  Dopo sporadici interventi nel corso dell’Ottocento, le indagini archeologiche ripresero nel Novecento: vennero indagati l’anfiteatro, le terme, il teatro e in parte le grandi sostruzioni, le strutture murarie sotterranee che fungono da base di sostegno di costruzioni sovrastanti.

Negli ultimi decenni le ricerche hanno messo in luce un tratto della via Flaminia e un monumento funerario rotondo, di fronte all’antica arteria stradale. Se ne conosceva soltanto il perimetro superiore: è del tipo a tamburo su base quadrata, o a tumulo; costruito in opera cementizia è rivestito da blocchi di tufo, e presenta un paramento in blocchi di calcare locale disposti per testa e taglio, sovrapposti e ben allineati. In alcuni punti è evidente una anathyrosis perimetrale, la tecnica costruttiva che permetteva di ottenere giunti perfetti tra i vari blocchi di pietra. Il basamento quadrato, alto 2 metri, misura 19 metri per lato, ciascuno dei quali presenta quattro file di blocchi di pietra, delle quali una sporge in fuori. È sormontato da un tamburo alto 6 metri, del diametro di 16 metri, che alla base mostra elementi sagomati, una modanatura. 

Ocriculum

Ocriculum (Credits Lavinia Ansidei)

Del rivestimento oggi rimangono solo alcuni blocchi, che sono stati risistemati nella loro collocazione originaria; gli altri, oggetto di spoglio, sono perduti o scomparsi.  Facevano parte della decorazione del tamburo anche alcuni blocchi decorati da fregio a girali floreali, terminanti con rosette (uno reimpiegato in via Rosella, altri due rinvenuti negli scavi della cripta della Collegiata) insieme ad altre cornici modanate riemerse durante gli scavi sui cui gli archeologi stanno ancora indagando. Il tamburo è costruito all’interno con un sistema di contro tavole e non ha una cella per deposizione del defunto: le ceneri erano poste entro un’anfora cineraria in marmo, ubicata proprio sul bustum, che ha restituito i resti di un letto funebre in osso.

Il monumento, a cui si accedeva da un ingresso architravato, era racchiuso da un recinto, in parte condiviso dai monumenti vicini e sul davanti mostrava due celle per le deposizioni e un sedile in calcare sagomato, utilizzato per i banchetti funebri e sorretto da nove zampe leonine. Era anche chiuso sul davanti da una cancellata, come mostrano una serie di incassi disposti in modo regolare sull’estremità esterna della pavimentazione in lastre di calcare. Un vicino incasso circolare sembra indicare la posizione di una mensa per i sacrifici. Il monumento funerario risale alla prima età augustea è rientra nella tipologia di costruzioni simili, già attestate in Umbria e in vari altri luoghi d’Italia.

La cornice modanata è simile a quella del Mausoleo di Ennio Marso a Sepino. Finora non ne era nota l’appartenenza a causa della dispersione dei blocchi di rivestimento. Ma nuovi studi su alcune iscrizioni reimpiegate in vari edifici, hanno offerto spunti inediti: l’epigrafe è riferita a un personaggio, L. Cominius Tuscus figlio di Caio della tribù Arnense di cui sono già note altre due attestazioni a Otricoli, una su un grande blocco rinvenuto a Palombara con le lettere L. COM, l’altra conservata presso Villa Basili Floridi. Il grande blocco con l’iscrizione L.COM poteva far parte del tamburo collocato sulla parte anteriore del mausoleo. Come il cippo in marmo a forma di pigna, conservato all’antiquarium di Casale S.Fulgenzio, può essere posto come coronamento del monumento funerario Altri importanti lavori sono stati eseguiti alle Terme, l’unico monumento antico ricordato con sicurezza dalle fonti epigrafiche, relativamente alla costruzione e ai restauri. 

Gli ultimi scavi

Dopo il terremoto del 27 settembre 1997, i saggi finalizzati alle opere di consolidamento per il restauro dell’aula ottagonale, hanno consentito di ammirare la preparazione del mosaico policromo, ora conservato nella Sala Rotonda dei Musei Vaticani. Fu messo in luce agli inizi del 1780 dall’archeologo Giuseppe Pannini, allora responsabile degli scavi pontifici.

Tra i bipedali della nicchia nord est della parete di fondo, un bollo laterizio circolare che riconduce alle figlinae di Lucilla Veri è databile al 145-150, CIL XV 1078: O(pus)(doliare) ex pr(aedis) Lucillae Veri fec(it) Merc(urius) Cl(audii) Quin(quatralis). 

Con il tempo, insieme alle ricerche archeologiche, sono progrediti anche gli studi: quelli della seconda metà del Novecento dell’archeologo e museologo Carlo Pietrangeli, per lungo tempo direttore dei Musei Vaticani, sono stati via via ampliati da guide e cataloghi curati dalla Soprintendenza e da articoli di vari studiosi, a dimostrazione del notevole interesse per Ocriculum. La città antica è soggetta a vincolo grazie a un decreto ministeriale del dicembre 1983. Ed è resa percorribile ed è visitabile da tutti.

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