La grande tomba degli equivoci
Augusto Ancillotti
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Nella seconda metà del I secolo a.C. le famiglie più importanti di Iguvium  iniziarono a seppellire i loro morti in un gruppo di tombe ipogee costruite a poche decine di metri dal centro abitato del quartiere della Guastuglia. Il Mausoleo di Pomponio Grecino, alto 9 metri, è il più importante di questi sepolcri. Fu riportato alla luce nel 1910. In realtà l’attribuzione è un errore: Pomponio Grecino era il figlio di un console romano in carica nel 16 d.C. La  costruzione della tomba risale invece a un periodo che va dal 30 al 50 a.C. 

L’aspetto originario del mausoleo è ben visibile nella veduta prospettica secentesca di Gubbio di Ignazio Cassetta, stampata nel 1663 da Mortier: due corpi cilindrici sovrapposti, poggiati su un dado quadrangolare di base, con un tetto a forma di cono che serviva a facilitare lo scorrere dell’acqua. 

Il sepolcro ricorda gli ipogei etruschi di età ellenistica con copertura a volta, ancora visibili a Orvieto, Perugia, Chiusi e Cortona, simile a un altro monumento funerario riemerso dagli scavi archeologici di S.Rufino, nei pressi di Assisi. 

Una porta, sormontata da una piccola finestra a bocca di lupo, dà accesso alla camera sepolcrale. Il rivestimento di lastre di marmo è andato perduto, ma l’interno è molto ben conservato. 

Lungo le pareti si possono ancora osservare i fori di fissaggio che servivano per le decorazioni bronzee. Intorno all’edificio nacque un’altra leggenda supportata da Tito Livio e da altri storici romani: quella che il mausoleo eugubino fosse stato in origine il carcere di Genzio, il re dell’Illiria, che fu prigioniero a Gubbio dopo la sua resa ai Romani. Un sovrano famoso anche perché, secondo Plinio il Vecchio scoprì per primo le proprietà curative del liquore che poi, in suo onore, fu chiamato genziana. Ma Genzio morì intorno al 165 a.C. più di un secolo prima che fosse edificato il mausoleo.

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