Da Goethe a Pompea: gli amanti di Otricoli
Luana Cenciaioli
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  • Nel suo Viaggio in Italia, il poeta tedesco Johann Wolfgang Goethe descrisse Otricoli con trasporto e competenza naturalistica
  • Nel 91-90 a.C. Ocriculum si schierò con i centri italici contro Roma per rivendicare il diritto di cittadinanza ma questa decisione le costò la distruzione. Fu poi ricostruita a valle presso il Tevere
  • Pompea Celerina (suocera di Plinio il Giovane) e Tito Annio Milone (personaggio politico della prima metà del I sec. a.C) avevano entrambi una villa a Ocriculum, considerato un luogo adatto per la villeggiatura

La bellezza di Otricoli

Otricoli, per l’estensione dell’area archeologica, per lo stato di conservazione, per i suoi monumenti, è una delle zone archeologiche più importanti non solo dell’Umbria attuale, ma dell’Italia antica e si inserisce in un paesaggio naturale di notevole bellezza per la varietà delle colture e della vicinanza del Tevere.

Essi formano un complesso unitario e forse unico che unisce l’aspetto storico, archeologico e ambientale, che deve essere salvaguardato e tutelato. Molti viaggiatori, tra cui personaggi illustri, sono stati attratti da Otricoli e dal suo paesaggio. 

Johann Wolfgang Goethe nel suo “Viaggio in Italia, 1786-1788”, affascinato da tanta bellezza, lo descrisse con trasporto e competenza naturalistica: «(…) Valli e valloni, da presso e da lontano, tutto è delizioso (…) Otricoli giace su un colle ghiaioso, accumulato dalle antiche correnti; è costruita con pietre di lava, trasportatevi dall’altra riva».

Nel 1985 l’archeologo e ambientalista Antonio Cederna per comunicare al grande pubblico il fascino che gli suscitavano i monumenti dell’antica Ocriculum scriveva: «Lo spettacolo è stimolante e struggente, come sempre quello delle antiche rovine: l’equilibrio tra la voglia di capire e il peso dell’ignoranza comunica un senso di benessere, ci fa sentire vivi».

L’età pre-romana

L’antico centro umbro, confinante a ovest con il territorio falisco (fra i monti Cimini e il Tevere) e a sud con la Sabina Tiberina, è situato, a m 208 sul livello del mare, su un colle tufaceo, su cui è ubicato l’attuale paese, dominante la valle del Tevere, in un punto in cui metteva in contatto popolazioni diverse per lingua e cultura: Umbri e Sabini lungo la riva sinistra, Etruschi e Falisci su quella destra. 

Era difeso da una linea di mura, che si estende per una lunghezza di circa 700 metri, costruite  con grandi blocchi squadrati di tufo, disposti per testa e per taglio, non legati da malta. Secondo Cipollone-Lippolis (Le mura di Otricoli, 1979) sono databili tra la fine del IV secolo a.C e gli inizi del III secolo a.C., mentre secondo il filologo e archeologo Paul Fontaine al V a.C. o nel corso del IV a.C. 

La fase preromana è attestata, anche da materiali provenienti dal territorio: insediamenti dell’età del ferro, e necropoli di età orientalizzante – età arcaica (presso il podere Lupacchini e nelle località Cerqua Cupa e Crepafico) e luoghi di culto di epoca arcaica ed ellenistica.  

La storia romana di Ocriculum

Otricoli continuò a essere abitata anche in età romana, come testimoniano presenze archeologiche all’interno del paese. Si estese alla fine dell’età repubblicana, nella piana sottostante, presso una grande ansa del Tevere, su cui sorse il porto della città, il cosiddetto «Porto dell’Olio» che a seguito degli spostamenti del fiume, è ora occupato da coltivazioni agricole. 

Alleata di Roma nel 308 a.C., dopo la battaglia di Mevania, Ocriculum svolse funzione strategica come città di confine tra l’Umbria e la Sabina e come punto di scambio tra la viabilità fluviale e quella terrestre lungo la via Flaminia, che aperta nel 220 a.C., attraversava il centro della penisola. 

Allo scoppio della guerra sociale nel 91-90 a.C. Ocriculum si schierò con i centri italici contro Roma per rivendicare il diritto di cittadinanza ma questa decisione le costò la distruzione. Con il rango di municipium fu costruita a valle presso il Tevere. Ascritta alla tribù Arnensis, fu assegnata alla Regio VI da Augusto, di cui costituisce l’estremo lembo verso la Sabina. 

Le bellezze dei suoi dintorni la resero luogo adatto per la villeggiatura: avevano una villa ad Ocriculum Tito Annio Milone, personaggio politico della prima metà del I sec. a.C. e Pompea Celerina, suocera di Plinio il Giovane. Ricordata nel 69 d.C. durante le lotte tra i partigiani di Vespasiano e Vitellio, la città venne a far parte in età dioclezianea della Tuscia et Umbria. Distrutta durante l’invasione longobarda, fu abbandonata nel VII secolo d.C., in seguito ad alcune circostanze, a cui non furono estranee le inondazioni del Tevere.

I rapporti commerciali con Roma erano intensi, grazie al «Porto dell’olio» usato anche per tutta l’età imperiale e alla via Flaminia; il Tevere infatti fino al secolo scorso venne utilizzato per il trasporto di minerali, di legname, di prodotti alimentari e di materiale da costruzione. Ricordiamo un peso lignarius  che indica l’attività di controllo dei carichi di legna e famose sono le note coppe di Popilio e le fabbriche di tegole e mattoni, di cui conosciamo i bolli, rinvenuti anche a Roma.

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