Il Museo di Santa Croce di Umbertide
Nicola Caldei e Elisa Minchielli
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Scheda realizzata da Sistema Museo, la società cooperativa che dal 1990 fornisce servizi per la gestione e la valorizzazione dei beni culturali

Il museo civico è stato inaugurato nel dicembre del 1998: ha sede nella chiesa di Santa Croce, consolidata e compiutamente restaurata in occasione della realizzazione del museo, ed è il risultato di complesse vicende costruttive. Sull’area in cui sorge esisteva già nel XVIII sec. una piccola chiesa dedicata ai Santi Pietro e Paolo, che doveva fungere da oratorio per la confraternita dei Disciplinati di Santa Maria; questa confraternita è ricordata nel 1340 con il nome di Santa Maria e Santa Croce.

Vari ampliamenti si ebbero nel corso del Quattrocento e intorno alla metà del secolo successivo, fino a giungere tra il 1634 e il 1645 alle forme e alle dimensioni attuali.
Al XVIII secolo risalgono la facciata e il rifacimento degli altari laterali, fino a diventare sede parrocchiale nel 1786, dove è stata officiata fino agli anni settanta del Novecento.

La chiesa, si affaccia su piazza San Francesco ed è affiancata sul lato sinistro dalla chiesa di San Francesco; di seguito, oltrepassando il chiostro di quest’ultima, si trova la chiesa di San Bernardino, nata come oratorio nella prima metà del Quattrocento. E’ sicuramente la Pala della Deposizione sull’altare maggiore, dipinta da Luca Signorelli nel 1516, l’opera più importante e interessante del museo, non solo per la bellezza ma anche perchè è l’unica, fra i tanti lavori del maestro cortonese, che si trovi ancora nel suo sito originale.

Le opere presenti nel museo hanno la caratteristica, alquanto insolita per un museo, di essere state realizzate in loco se si fa eccezione per sole tre opere, che per motivi di conservazione sono state spostate presso il museo; la statua di San Rocco, la tela di Bernardino Magi e l’olio su tela del Pomarancio.

La Deposizione di Luca Signorelli

Fu commissionata dalla confraternita di Santa Croce nei primi mesi del 1516 e terminata nel luglio dello stesso anno; la data compare in basso a destra sulla cornice originale, inglobata nel 1611-12 in una più grande mostra lignea intagliata. La scena della Deposizione è inserita, probabilmente per volontà della confraternita, in un’ampia illustrazione dei momenti salienti della Passione: in alto a sinistra le tre croci sul Golgota; al centro la Deposizione, cui assistono il gruppo delle Marie, la Vergine già svenuta e la Maddalena; a destra San Giovanni, al disopra del quale sono rappresentati il trasporto del corpo verso il sepolcro e il compianto del Cristo morto.

Essendo la confraternita intitolata alla Santa Croce, i tre pannelli della predella sono dedicati alla leggenda del Ritrovamento della vera croce di Cristo nella versione tratta dalla Leggenda aurea di Iacopo da Varagine, testo assai diffuso nel Medioevo. Il primo episodio raffigura la regina di Saba che, ispirata da Dio, si inginocchia per adorare un tronco usato come un ponte su un corso d’acqua: molto tempo dopo quello stesso tronco sarà utilizzato per la croce di Cristo. Seguono le storie dell’imperatore Costantino: Costantino che mette in fuga le armate di Massenzio grazie all’esposizione di una croce d’oro e sant’Elena, madre dell’imperatore, che ritrova la croce di Cristo sul Golgota grazie alla resurrezione di un ragazzo cui il miracoloso legno era stato avvicinato.

Il racconto si chiude con l’ingresso trionfale della croce in Gerusalemme, portata dall’imperatore Eraclio che l’aveva recuperata dopo il furto commesso dal re persiano Conroe; l’accesso alla città viene però impedito da un angelo, che invita l’imperatore a togliere vesti e calzari e a esporre la sacra reliquia in umili spoglie.

La prima opera che troviamo nei sei altari che fanno da cornice all’opera principale del Signorelli è la statua di San Rocco del 1528 realizzata da Romano Alberti detto il Nero: essa proviene dalla cappella dedicata al santo nell’attigua chiesa di San Francesco. La data di realizzazione dipinta sulla base indica che venne realizzata a ridosso della terribile pestilenza del 1527; San Rocco, infatti, assieme a San Sebastiano, è solitamente invocato contro le malattie epidemiche, di cui porta i segni sulla gamba destra.

L’opera, presente nel secondo altare, rappresenta il Martirio di Sant’Erasmo, un olio su tela di un pittore del XVIII sec. La tela fu commissionata a seguito della richiesta del vescovo Angelelli, che nel 1787 ordinò di togliere dall’altare l’immagine di San Tommaso di Villanova e di mettervi quella di Sant’ Erasmo, principale protettore di Umbertide e da realizzarsi a spese della mensa vescovile; fu così che il titolo parrocchiale venne trasferito dalla chiesa di Sant’Erasmo a quella di Santa Croce.

Percorrendo la chiesa si arriva a una tela su olio di un pittore del XVII sec., che rappresenta La predica di San Vincenzo Ferrer, frate domenicano di origine spagnola vissuto nel XIV secolo. La fiammella sulla fronte, suo consueto attributo iconografico, allude al “fuoco” delle sue predicazioni e alla capacità profetica di cui era accreditato.

Dalla parte opposta ci accoglie un’altra opera sempre in olio su tela di un pittore del XVIII sec., Predica di San Francesco di Paola; al santo vissuto nel XV secolo, si riconoscevano ancora in vita doti di taumaturgo. Ai tanti miracoli affiancava un’assidua predicazione sui temi della carità; della grande devozione di cui godeva a partire dal XVI secolo sono testimonianza le sue molte raffigurazioni soprattutto tra Sei e Settecento.

Nel penultimo altare è posta l’opera di un pittore del XVII sec., che ritrae La Vergine e i santi Crispino e Crispiniano del 1660, anno in cui la corporazione dei Calzolai ottenne dalla confraternita di Santa Croce l’uso perpetuo dell’altare già dedicato alle anime del Purgatorio. La tela, che rappresenta i due patroni dei calzolai e in genere dei lavoratori del cuoio, rappresenta la devozione e la fiorente attività dell’arte dei calzolai nella città di Umbertide.

L’ultima opera del 1602 ca. situata in chiesa, proviene dall’antica chiesa-oratorio di San Bernardino; la tela, posizionata in chiesa per motivi di conservazione, è del pittore Bernardino Magi e rappresenta Sant’Antonio vescovo in Adorazione davanti alla Madonna. Di grande curiosità all’interno dell’opera è la realizzazione di uno scorcio della città dell’epoca; si può infatti notare il castello di Fratta fortificato e inoltre, imponente, la cupola della chiesa Collegiata di Santa Maria della Reggia, edificata intorno alla metà del 1500.

Prima di uscire dalla chiesa e alzando lo sguardo in alto si riesce ad ammirare lo splendido Organo realizzato dal grande costruttore di organi Angelo Morettini nel 1837. Si tratta di un organo meccanico ancora in uso, soprattutto durante concerti che ne richiedono l’utilizzo. La cassa è addossata, sagomata, con frontone intagliato e dipinto, raffigurante il simbolo della confraternita della Santa Croce.

In un’altra ala del museo e trasferita anch’essa dall’attigua chiesa di San Francesco per motivi di conservazione è la Madonna con il Bambino in gloria tra angeli e santi dipinta dal pittore toscano Niccolò Circignani, detto il Pomarancio; in basso a sinistra c’è la firma dell’artista: Niccolò Circignani “de Pomarancio”,Umbertide mentre sull’angolo opposto ci sono la data di esecuzione (1577) e il nome del committente, il notaio Cristoforo Martinelli. I santi che assistono alla scena sono ben riconoscibili grazie ai loro consueti attributi iconografici: Sant’Andrea apostolo con la grande croce sulla quale subì il martirio; San Biagio in abito vescovile e con in mano il pettine per cardare la lana con cui venne torturato, San Francesco con le stimmate e infine San Sebastiano martirizzato a colpi di frecce.

Posizionata davanti alla tela del Pomarancio, un’altra opera arricchisce il museo; si tratta di un olio su tela raffigurante San Romualdo, la Maddalena e la Vergine col Bambino; di autore ignoto l’opera è di fattura molto pregevole e immediato è il richiamo a quella perla di cultura e di tradizione monastica che vive nella storia di Umbertide: il Monastero di Monte Corona, dal quale la tela certamente proviene. La lettura iconografica e iconologica propongono con immediatezza quanto il pittore ha voluto illustrare: la Maddalena, riconoscibile per i particolari che la contraddistinguono come le chiome sciolte in penitenza e il vaso di unguento ai suoi piedi, oltre l’abito rosso della passione; prototipo e modello di ogni penitente ed eremita indica alla Vergine e al Bambino quanto San Romualdo sta presentando, vale a dire quanto egli ha fondato, l’eremo di Montecorona.

Al piano superiore del museo, viene proposta un interessante Sezione Archeologica: sono presenti infatti, materiali ceramici dall’età protostorica al periodo ellenistico e romano, che attestano una frequentazione di lunga data della zona, monete databili dal IV al V sec. d.C. da un insediamento sul Monte Acuto e una stipe votiva che ha restituito bronzetti di tipo italico del genere schematico a figura umana e animale databili al VI – V sec. a.C. Quest’ ultimi fanno certamente riferimento a una società pastorale in cui gli ex voto di uomini e animali rappresentano la richiesta di protezione e il ringraziamento per l’intervento divino.

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